Ultimo capitolo del libro “A scuola di coraggio. La storia delle donne di Acisjf", edizioni Insieme 2018
Di Mariarosaria Petti
«Mi daresti una mano in Acisjf?». Ci eravamo appena ritrovate, a Firenze, in occasione del V Convegno Ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana e la gioia di quell’incontro era sfociata in una richiesta schietta e sincera. Patrizia Pastore era stata presidente nazionale della Fuci, la federazione degli universitari cattolici, all’inizio degli anni ’90 e mai aveva smesso di intessere relazioni autentiche con le diverse generazioni di fucini formatisi alla scuola di Montini. L’avevo conosciuta appena diciottenne a Roma. La Fuci era attesa in udienza particolare da Papa Benedetto XVI. All’uscita della metro Ottaviano ero spaesata, fin quando una donna bellissima non mi ha preso per mano, guidandomi fino alla Sala Clementina.
Dal 2015 era arrivato nella sua vita il nuovo incarico in Acisjf e, come sempre, Patrizia aveva saputo fare spazio, dedicandosi con attenzione e passione all’associazione. In soli tre anni, alla guida dell’Acisjf, Patrizia era riuscita a cogliere lo spirito della realtà ultracentenaria proiettandola nel futuro, individuando e mostrando le nuove sfide da accogliere. Aveva visitato i Comitati di tutta Italia, viaggiando senza timore di affaticarsi. Ha conosciuto i presidenti, le volontarie, gli educatori. Sapeva porsi in ascolto di tutti, trovando risposte di senso per ciascuno. Era onorata di rappresentare una federazione che trasuda umanità, il suo impegno era rivolto a dare sempre maggiore risonanza alle attività di volontariato messe in campo dall’Acisjf.
Sono stati anni di vera grazia. Gomito a gomito, riunioni interminabili – di persona e via Skype – viaggi in treno. Un tempo fecondo in cui non smettevo di imparare. Mentre discutevamo di un Comunicato stampa, Patrizia sapeva dare indicazione a uno dei quattro figli per la cena, organizzarsi con suo marito Antonio, ritornando alle scartoffie con acume e intelligenza. Ammiravo la sua statura di moglie e mamma e mi incantava ascoltare gli aneddoti della sua famiglia. I suoi occhi brillavano al solo pronunciare il nome del suo sposo, tanto erano grandi amore e stima per Antonio. Di Vanessa, Noemi, Romolo e Aurora raccontava l’infanzia e l’adolescenza. Mi stupiva notare il rapporto esclusivo che da madre aveva costruito con ognuno di loro, diversi per temperamento e personalità, seppure educati e accomunati dai medesimi valori.
Il 2 settembre 2018 la nostra presidente Patrizia è scomparsa prematuramente, rimanendo vittima di un tragico incidente stradale, di ritorno dal Gargano. Una ferita profonda ha squarciato i cuori delle tantissime persone, che l’hanno conosciuta e amata. Il vuoto che ci ha lasciato non riesce a colmarsi con il tempo. Eppure la sua assenza può trasformare la nostra presenza su questa terra. Onorare la memoria di Patrizia diventa allora un esercizio quotidiano, per ritrovare il suo sorriso, la sua voce calda e accogliente nei gesti che saremo in grado di compiere.
Allenarsi alla gentilezza – quel garbo che in Patrizia era attitudine interiore – ad essere disponibile verso gli altri, sempre con rispetto, umiltà ed empatia. È il primo tratto che mi aiuta a ricordarla.
Non aver paura di interpretare la complessità femminile, perché una donna sa essere perno, senza mai avvitarsi su se stessa, combinando in modo sempre nuovo ed originale la scelta di essere moglie, mamma, lavoratrice, volontaria. Anche questo mi ha consegnato, a pochi giorni dalle nozze.
Essere retti di cuore. Patrizia era una testimone credibile del Vangelo, perché ad ogni bivio della sua vita non ha avuto tentennamenti. Sceglieva il bene, anche a costo di rischiare o di rimetterci. Il suo coraggio e la sua onestà sono una stella, che orienta il cammino. Mi impegnerò su questo itinerario che hai tracciato, un rifugio dove mi sembra di respirare ancora il tuo esempio.
«Mi daresti una mano?». Quella mano, amica mia, l’hai data tu a me. Mi hai indicato la strada della felicità.
Di Mariarosaria Petti
«Mi daresti una mano in Acisjf?». Ci eravamo appena ritrovate, a Firenze, in occasione del V Convegno Ecclesiale della Conferenza Episcopale Italiana e la gioia di quell’incontro era sfociata in una richiesta schietta e sincera. Patrizia Pastore era stata presidente nazionale della Fuci, la federazione degli universitari cattolici, all’inizio degli anni ’90 e mai aveva smesso di intessere relazioni autentiche con le diverse generazioni di fucini formatisi alla scuola di Montini. L’avevo conosciuta appena diciottenne a Roma. La Fuci era attesa in udienza particolare da Papa Benedetto XVI. All’uscita della metro Ottaviano ero spaesata, fin quando una donna bellissima non mi ha preso per mano, guidandomi fino alla Sala Clementina.
Dal 2015 era arrivato nella sua vita il nuovo incarico in Acisjf e, come sempre, Patrizia aveva saputo fare spazio, dedicandosi con attenzione e passione all’associazione. In soli tre anni, alla guida dell’Acisjf, Patrizia era riuscita a cogliere lo spirito della realtà ultracentenaria proiettandola nel futuro, individuando e mostrando le nuove sfide da accogliere. Aveva visitato i Comitati di tutta Italia, viaggiando senza timore di affaticarsi. Ha conosciuto i presidenti, le volontarie, gli educatori. Sapeva porsi in ascolto di tutti, trovando risposte di senso per ciascuno. Era onorata di rappresentare una federazione che trasuda umanità, il suo impegno era rivolto a dare sempre maggiore risonanza alle attività di volontariato messe in campo dall’Acisjf.
Sono stati anni di vera grazia. Gomito a gomito, riunioni interminabili – di persona e via Skype – viaggi in treno. Un tempo fecondo in cui non smettevo di imparare. Mentre discutevamo di un Comunicato stampa, Patrizia sapeva dare indicazione a uno dei quattro figli per la cena, organizzarsi con suo marito Antonio, ritornando alle scartoffie con acume e intelligenza. Ammiravo la sua statura di moglie e mamma e mi incantava ascoltare gli aneddoti della sua famiglia. I suoi occhi brillavano al solo pronunciare il nome del suo sposo, tanto erano grandi amore e stima per Antonio. Di Vanessa, Noemi, Romolo e Aurora raccontava l’infanzia e l’adolescenza. Mi stupiva notare il rapporto esclusivo che da madre aveva costruito con ognuno di loro, diversi per temperamento e personalità, seppure educati e accomunati dai medesimi valori.
Il 2 settembre 2018 la nostra presidente Patrizia è scomparsa prematuramente, rimanendo vittima di un tragico incidente stradale, di ritorno dal Gargano. Una ferita profonda ha squarciato i cuori delle tantissime persone, che l’hanno conosciuta e amata. Il vuoto che ci ha lasciato non riesce a colmarsi con il tempo. Eppure la sua assenza può trasformare la nostra presenza su questa terra. Onorare la memoria di Patrizia diventa allora un esercizio quotidiano, per ritrovare il suo sorriso, la sua voce calda e accogliente nei gesti che saremo in grado di compiere.
Allenarsi alla gentilezza – quel garbo che in Patrizia era attitudine interiore – ad essere disponibile verso gli altri, sempre con rispetto, umiltà ed empatia. È il primo tratto che mi aiuta a ricordarla.
Non aver paura di interpretare la complessità femminile, perché una donna sa essere perno, senza mai avvitarsi su se stessa, combinando in modo sempre nuovo ed originale la scelta di essere moglie, mamma, lavoratrice, volontaria. Anche questo mi ha consegnato, a pochi giorni dalle nozze.
Essere retti di cuore. Patrizia era una testimone credibile del Vangelo, perché ad ogni bivio della sua vita non ha avuto tentennamenti. Sceglieva il bene, anche a costo di rischiare o di rimetterci. Il suo coraggio e la sua onestà sono una stella, che orienta il cammino. Mi impegnerò su questo itinerario che hai tracciato, un rifugio dove mi sembra di respirare ancora il tuo esempio.
«Mi daresti una mano?». Quella mano, amica mia, l’hai data tu a me. Mi hai indicato la strada della felicità.