Di Liliana Ciccarelli
La musica, come ogni linguaggio ed ogni disciplina dell’arte e della scienza, ha la sua grammatica che permette a tutti di distinguere un rumore da un suono.
Anche la Politica, intesa come scienza sociale, ha una sua grammatica di cui però abbiamo perso la pratica ed alle nostre orecchie arriva spesso solo rumore.
Il dibattito pubblico su questioni di interesse generale è sempre più spesso rumore: esempi recenti? Vaccinazione anti Covid e proposta di legge Zan sulla questione gender.
Per entrambe le situazioni complesse le semplificazioni si sprecano, la complessità è ridotta alla pochezza non all’“essenzialità” ed il risultato è confusione e messaggi fuorvianti da cui nessuno, nel lungo periodo, può trarne beneficio.
La nostra cultura è talmente pervasa dalla conflittualità che troviamo naturale decidere subito “da che parte stare” e la trasformazione in supporter di una fazione piuttosto che di un’altra avviene di click in click nell’ illusione, solo mediatica, di essere partecipi di un dibattito pubblico e di scelte collettive e condivise.
In realtà avendo venduto l’abecedario, Pinocchio (incredibile metafora del popolo italiano) non acquisisce le conoscenze per riconoscere “il gatto e la volpe”, né per distinguere la finzione dalla realtà nella carovana del burattinaio Mangiafuoco. È così che mi sento in questa estate 2021 che celebra le Olimpiadi 2020, dove tutto è un po’sfasato, dove la logica fatica a rincorrere gli eventi che paiono ingovernabili, e dove si fatica a comprendere ed interiorizzare nei comportamenti cosa è sbagliato, cosa è giusto fare e cosa no, come Pinocchio davanti a Mangiafuoco.
Insomma difficile individuare un’etica condivisa. Siamo in grado di individuare, giustamente, nell’ipotesi interessate dal ddl Zan una battaglia per la tutela dei diritti civili, ma non nella possibilità di obbligo vaccinale per gli insegnanti, seppure l’accesso all’istruzione degli studenti sia un diritto inviolabile e fondamentale.
Per tornare ancora agli esempi di questi strani giorni: è senz’altro sbagliato discriminare per motivazioni di tipo sessista ed è giusto stigmatizzare anche con strumenti di tipo processualpenalistico comportamenti e manifestazioni di odio sessista; la norma penale identifica i valori che una società vuole difendere e sarebbe necessario però un dibattito onesto e cristallino non inquinato da pregiudizi. Stesso discorso, mutatis mutandis, per il dibattito pubblico su green pass e questione vaccini. La possibilità di addivenire democraticamente a scelte condivise, e di conseguenza a comportamenti eticamente accettati, è determinata anche dall’utilizzo di un linguaggio, rigoroso nella logica, attraverso cui veicolare le conoscenze e determinare in via deduttiva le scelte di tipo etico; diversamente gli appelli alla vaccinazione anticovid come impegno morale e dovere civico rischiano di essere deboli e retorici, così come la giornata di sensibilizzazione nelle scuole contro ogni forma di omotransfobia rischia di essere mera retorica se non si elabora un dibattito pubblico sul tema del rispetto della persona umana, quale presupposto logico semmai alla avvertita necessità di definizioni dell’ identità di genere.
Sul versante dell’accettazione della norma bisognerebbe aver presente la distinzione tra l’obbedienza consenziente e l’obbedienza formale.
L’obbedienza consenziente è l’obbedienza senza incertezze che nasce da una condivisione piena della norma, l’obbedienza formale invece è dettata da un timore della sanzione, manca di una tensione morale che induce all’accettazione profonda della norma ed esprime nella sostanza un atteggiamento di disinteresse verso l’ordine costituito e la collettività. In situazioni limite come quella della pandemia non ha molto senso rincorrere l’obbedienza formale ma bisognerebbe favorire una obbedienza consenziente, difficile però da costruire quando si è smantellata, da tempo, la pratica della gestione del dissenso facendolo scivolare verso l’apatia e l’indifferenza e quindi verso una sostanziale insofferenza per il bene comune. Da qui, derivano almeno due rischi per restare agli esempi citati.
Il primo è il ripiegamento su tutto ciò che è individuale perfino intimo, come dimostra l’esigenza di legiferare sul tema della identità di genere sessuale per come questa è autopercepita. La proposta di legge in questione infatti non si limita a sanzionare comportamenti aggressivi violenti o discriminatori ma regolamenta, definendo in un testo normativo cosa dobbiamo intendere per “sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere” interferendo forse con altri linguaggi della scienza, della bioetica, della psicologia e in ultima analisi con ciò che è intimo a noi stessi.
Un ulteriore rischio (paradossale di questi tempi) è percepire la salute come diritto individuale ed esclusivo esasperando il concetto di autodeterminazione e sottovalutando l’intrinseco legame che invece nella nostra costituzione è presente tra salute individuale ed inderogabili doveri di solidarietà sociale (art 2 art 32 cost).
Se saltano questi passaggi logici e valoriali, che sono contenuti nella costituzione, il dissenso (non valoriale ma di bassa leva e di ignoranza) si insinua nei passaggi più delicati della fuoriuscita dall’incubo pandemico compromettendo la ripresa del Paese.
Se il dissenso, espresso in forme più o meno evolute e consapevoli, non viene indirizzato su un piano di valori condivisi (come ad esempio valori costituzionali del diritto dovere alla salute art 32 o divieto di discriminazioni descritte dall’art 3 cost) e incanalato nel meccanismo del dialogo e della logica, ogni intervento del legislatore sarà vanificato e tante energie e risorse saranno sprecate.
Abbiamo trovato i vaccini adesso ci serve un’etica condivisa.